Mirco è un operaio di 57 anni e lavora per una grande azienda in provincia di Verona.
Per Mirco la sveglia suona alle 05:00 tutte le mattine da quasi 30 anni, ma non aspetta più di un secondo per staccarla – non vuole correre il rischio di disturbare la sua dolce Roberta, che può permettersi il lusso di abbracciare il cuscino ancora per un paio di ore prima di affrontare anche lei una giornata sfinente.
Ancora a metà tra il sonno e la veglia si trascina in cucina, mette a scaldare la moca sul fornello e, seduto al tavolo della cucina, coi gomiti poggiati sulla tavola e i palmi della mano che premono sui suoi occhi stanchi, inizia a pensare come sarà la sua giornata.
Non sarà troppo diversa da quella di ieri, o da quella ancora prima… E pieno di malinconia pensa che il week end non arriverà mai abbastanza in fretta.
Con oggi sono nove giorni che aspetta lo stipendio e, anche se di natura Mirco non è un piantagrane, oggi si è ripromesso di andare a parlare con il capo.
Ne farebbe volentieri a meno…
Dio solo sa quanto lui detesti entrare in conflitto con le persone…. che sensazione di paura mista a vergogna gli provochi dover affrontare certe discussioni…
… Ma il conto langue, i soldi per la spesa ormai sono finiti e questa è la quarta sera in cui gli tocca portare la famiglia a mangiare dalla sorella. Non ha altra scelta che farsi coraggio e affrontare il datore di lavoro.
Alla prima occasione va a bussare timidamente alla porta dell’ufficio del capo; i suoi occhi si perdono in mezzo a tanto sfarzo: scrivania in acciaio e vetro, poltrona in pelle italiana, una penna in oro e platino poggiata su un’agenda realizzata in cuoio artigianalmente.
Dopo essere stato accolto un po’ di malavoglia, Mirco tenta di parlare al capo della situazione in cui si trova e, con un nodo alla gola che stringe come un cappio da patibolo, gli spiega che sono tre mesi che lo stipendio arriva in ritardo e che a casa fanno fatica a portare il cibo in tavola.
“Eh Mirco ti capisco, ma mettiti nei miei panni. C’è crisi e lo sai bene, dobbiamo tutti fare dei sacrifici”.
Parole curiose dette da una persona con un Rolex al polso.
Mirco si chiude in bagno. Delle lacrime gli scivolano sul viso mentre pensa alla faccia che farà sua moglie quando gli dirà che anche sta sera mangiare sarà una sfida.
Questa storia sembra frutto di immaginazione, ma purtroppo non lo è.
Lo sfruttamento dei lavoratori in Italia rappresenta ancora una realtà troppo presente e, purtroppo, ancora troppo ignorata.
Secondo La Repubblica sono oltre 3 milioni i lavoratori sfruttati in Italia.
Milioni di lavoratori fanno fatica a dare da mangiare ai loro figli tutti i giorni e si fanno in quattro per arrivare a fine mese a causa di contesti lavorativi malsani.
Quello di cui però siamo certi è che questo NON succede in aziende come:
Pomì;
Granarolo;
Mutti;
e molte altre aziende certificate WHA.
Oltre a verificare la qualità dei prodotti, World Halal Authority si assicura che le aziende in corsa per la certificazione non ottengano risultati maltrattando e sfruttando i lavoratori.
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